di Francesco Cinquetti
Molte sono già le opere che illustrano ed indirizzano il lettore alla scoperta dei messaggi e dei codici segreti le cattedrali gotiche (vedi il fondamentale “Il Mistero delle Cattedrali” di Fulcanelli) mentre per quanto riguarda le chiese romaniche, raramente si è affrontato in modo esauriente l'argomento relativo al loro simbolismo, in rapporto al loro sviluppo storico. Solitamente ci si è limitati ad una disamina artistica ed architettonica, il più delle volte segnata da velata partigianeria nazionale.
C'è un'importante discriminante tra il mondo delle chiese Gotiche ed il mondo delle Chiese Romaniche, al di là delle naturali differenze dovute all'evoluzione stilistica, che si può ritrovare nella mentalità stessa dei costruttori nonostante esse siano unite da una diretta discendenza.
Se le cattedrali gotiche sono lo specchio della mentalità dell'uomo tardo-medioevale, che incomincia a percepire il regno-stato nazionale come proprio habitat naturale in cui sviluppare la propria identità ed esclusività artistico stilistica, le chiese romaniche rappresentano ancora il frutto della visione imperiale del mondo, cioè di quel sistema di governo che cercava di federare e sintetizzare le diverse nature di ogni popolo ad esso aderente, sia a livello filosofico che religioso. Questo ha generato con il passare dei secoli, una società naturalmente permeabile allo scambio di idee e novità, in quanto venivano recepite come appartenenti a quel minimo comune denominatore che veniva rappresentato dall'Impero stesso.
Lo stile romanico nasce proprio da questo processo di incontro e progressiva fusione tra le componenti artistiche e filosofiche della parte Orientale ed Occidentale dell'Impero.
In un certo senso si potrebbe fissare il momento di nascita dell'embrione Romanico sotto Diocleziano, che per primo aveva incominciato ad aprire le porte politiche dell'Impero verso oriente, e successivamente sotto Costantino, che con il trasferimento della capitale sul Bosforo aveva spostato definitivamente il baricentro politico culturale ad oriente. La capitale orientale nel giro di pochi secoli diventerà sinonimo di eleganza ed innovazione stilistica, tanto da esportare lo stile “Bizantino” nella parte occidentale dell'Impero, soprattutto in Italia, che per ragioni geografiche e culturali, era più disponibile alla sua penetrazione.
Arbitrariamente possiamo delimitare il periodo del romanico tra il VI secolo, con la nascita dell'enclave bizantina di Cristopoli, e fissarne il momento del suo declino, o meglio passaggio di testimone con l'architettura gotica, con la fine dell'indipendenza delle contee del sud della Francia, a seguito della crociata Albigese del XIII secolo.
I territori d'Occitania, in un certo senso, rappresentavano l'ultimo brandello di visione imperiale del mondo. Difficilmente potremo assistere di nuovo nel corso della storia, alla coesistenza di tante idee e religioni differenti in un unico territorio e soggetto politico.
A partire dal XIV secolo, con la formazione dei primi stati nazionali, si accentuerà la frammentazione, delle lingue e degli stili, gettando le basi degli odi che porteranno ai conflitti dei secoli successivi.
Se la parola: gotico sottintende intrinsecamente alla cultura nordica, l'accezione romanico è invece riferito al sincretismo culturale Mediterraneo, vero cuore dell' Impero Romano, che sebbene scomparso o meglio modificatosi, continua ad essere antropologicamente presente nelle popolazioni che si affacciano sul di esso.
Lo stile romanico diventa la nuova occasione di sintesi delle millenarie culture che si affacciano sul Grande Mare: dall'esoterismo Alessandrino, alla filosofia Greca, con le sue raffinatezze decorative, dalla simbologia mediorientale, all'astrologia e matematica araba.
In Italia il gruppo di artisti o meglio di artigiani che seppero dare forma e sostanza al Romanico furono i Maestri Comacini.
Come accennato in precedenza si potrebbe fare iniziare la loro storia con la creazione nel VI secolo dell'enclave bizantina detta di Cristopoli, identificabile nella zona dei tre grandi laghi: Maggiore , Lugano e Como, protetta da potenti bastioni difensivi, che ne chiudevano l'accesso in corrispondenza delle prime propaggini Prealpine.
E' certo che in questa enclave, militarmente ben organizzata dal generale bizantino Francione, trovarono rifugio il meglio della nobiltà e dell'intelligenza imperiale milanese, in fuga dalle violenze e distruzioni della guerra greco-gotica.
E' qui che potrebbe essersi verificata la trasmissione di conoscenza tra gli architetti greci che erano già presenti ed operativi nel nord Italia e che portarono lo stile bizantino nell'occidente appena riconquistato (vedi l'edificazione della rotonda di San Vitale e basilica di Sant'Apollinare in Classe a Ravenna) e le maestranze locali, che operavano già nei secoli precedenti tra Milano e Como, che già da qualche secolo erano tra le più importanti città del nord Italia.
L'unione tra lo stile latino e greco genererà un confronto lungo e complicato, una tendenza quasi naturale al sincretismo di volta in volta travagliato dagli avvenimenti della storia, che comunque non ne hanno mai reciso i legami, ma solamente rallentato ed in parte modificato le reciproche influenze.
Sappiamo con certezza che i Maestri Comacini erano presenti, organizzati, ed attivi già nel periodo della dominazione Longobarda.
Sia Rotari che Liutprando nei loro editti citano, tutelano e delimitano chiaramente l'attività dei Maestri e le loro competenze, assegnando loro in pratica la totale esclusività dell'opera di edificazione nei territori da loro amministrati.
Se nel primo periodo della dominazione Longobarda i Maestri Comacini erano con tutta probabilità impiegati in edificazione o ristrutturazioni di opere civili e militari a seguito della conversione al cattolicesimo ed a un successivo addolcimento dei costumi dei conquistatori, conseguente anche all'avvenuta fusione tra la razza Longobarda e quella latina, compiutasi totalmente nell'VIII secolo, è stato possibile spostare il fulcro degli interessi artistici nell'edificazione di edifici religiosi e nella creazione di opere artistiche.
Se si analizzano le poche testimonianze artistiche del periodo Longobardo pervenute fino ai nostri giorni, si possono individuare strani fenomeni di rievocazione e “possessione”. Dal passato riaffiorano alcuni spiriti orientali che sembravano dormire sepolti da più di un secolo, che si manifestano nel gusto della decorazione fitomorfa e nel simbolismo animale.
Anche sotto Carlomagno, che unificò nell'VIII secolo la corona Franca e Longobarda, la filosofia imperiale non scomparve del tutto. Il Sacro Romano Impero , sembra quasi voler ostinarsi a mantenere viva l'idea di universalità e di comunanza dei popoli in un ideale di civiltà comune.
Si intensificano gli scambi di conoscenza e sapere soprattutto tra l'area franco-Italica-renana.
Gli influssi orientali incominciano a pervenire anche dalla Spagna e dall'influenza scientifica araba.
I Maestri Comacini, insieme alle altre maestranze che risiedevano nelle varie terre del Sacro Romano Impero, completano il processo di sviluppo del linguaggio romanico.
Ogni componente nazionale realizzò una parte dell'affresco storico artistico ed intellettuale che riunisce in complicati segni e simboli gli stessi saperi millenari, che tra poco subiranno duri colpi per effetto delle Crociate, dal Grande Scisma, e successivamente ancora con l'Inquisizione.
Ritornando al rapporto tra oriente ed occidente e all'aspetto più mistico ed esoterico che le maestranze comacine avrebbero potuto trasportare: un ulteriore punto di contatto potrebbe essere stato il verificarsi dello Scisma Tricapitolino che ha cementato l'unione delle Diocesi di Como ed Aquileja.
E' importante ricordare che Aquileja, una delle più importanti città già in epoca romana, era stata oggetto fin dai primi due secoli della nostra epoca da importanti contatti e scambi commerciali con Alessandria d'Egitto, era quindi prevedibile che tra di esse si instaurassero relazioni culturali, artistiche e religiose.
Fino al III secolo esisteva ad Aquileia una comunità di credenti che professava indisturbato il credo “gnostico-alessandrino”.
Tra l'altro alcuni aspetti della liturgia aquilejese introdotti dal vescovo Cromazio, sono state riscontrate da alcuni studiosi molto vicine alle liturgie delle Chiese Asiane dell'Asia Minore, da sempre molto legate alle tradizioni giovannee.
E' probabile che anche nel IV secolo, seppur vessati da una visione più ortodossa-costantiniana della religione, alcuni aspetti della dottrina gnostica siano sopravvissuti.
Nei pressi di Aquileja sono stati trovati parecchi reperti attinenti a luoghi di culto orientali, affini allo gnosticismo ed alle iniziazioni misteriche. La dea Iside era venerata ad Aquileja fino al III secolo, come dea della fertilità e rinascita, ed aveva un luogo di culto nei pressi del porto.
Inoltre nella basilica di Aquileja è presente la più vasta area musiva di epoca paleocristina, pervenuta fino ai giorni nostri. Secondo alcuni studiosi le raffigurazioni simboliche di animali e piante sono da ricollegare direttamente all'allegoria del percorso dell'anima narrati nel Pistis Sophia, uno dei più importanti testi gnostici pervenuti ai giorni nostri, in cui è rappresentato il percorso di liberazione dell'anima dalla materialità e dalle passioni, per ricongiungersi al vero Dio ineffabile. Oltre alla descrizione di tutti i livelli della creazione, si trova anche un'interessante rappresentazione dei cieli planetari da cui l'anima deve riuscire a transitare nel suo percorso di ascesa, verso il primo punto di arrivo, il cielo delle costellazioni, dove l'anima arriva con la sola tendenza al bene, dopo essersi liberata dagli influssi maligni rappresentati dai cinque sistemi planetari precedenti.
Dopo questa premessa, può essere assai probabile che con l'unione delle diocesi di Como ed Aquileja, gli artisti e gli artigiani dell'area comasca, abbiamo potuto metabolizzare la simbologia riscontrabile nell'area friulana, da sempre aperta oltre che al Mediterraneo anche all'area slavo-bizantina, vera porta di accesso per il transito dei movimenti ereticali che dalle zone periferiche dell'impero d'Oriente, venivano spinti dalle persecuzioni imperiali dell'VIII e IX secolo verso occidente, passando per la regione balcanica, raggiungendo il nord dell'Italia ed arrivando fino al sud della Francia ed ai confini pirenaici.
Ecco quindi che intorno al X e XI secolo incominciano a comparire nelle chiese romaniche di tutto l'Occidente, le decorazioni: sculture e simboli che sembrano riemergere dalle antiche tradizioni mitologiche caldee e sumere, strane coincidenze tra sculture e bassorilievi armeni e francesi.
Inquietanti somiglianze tra tavolette ritrovate a Kirkuk e raffigurazioni presenti sul duomo di Modena e a San Michele Maggiore a Pavia.
Oltre che a simboli che si ricollegano a precisi allineamenti planetari, descrivendo l'ascesa delle anime e la loro lotta contro le passioni e materialità..
Ad unire l'espressività e la trascendente rappresentazione della fede, ci sono sempre quelle maestranze che ormai si possono individuare più precisamente dall'area geografica di provenienza: Campionesi, piuttosto che Antelamici o Ticinesi, e che insieme ai loro “colleghi” d'oltralpe rappresentano la stessa potenza divulgativa che possiamo ritrovare al giorno d'oggi nei moderni social network, con l'unica differenza che le loro parole rimarranno scritte nella pietra per altri millenni.
In seguito al tramonto del mondo romanico e romanzo, è probabile che le sue maestranze inizino un processo di frammentazione,
I loro simboli ed il loro messaggi cambiano pelle e riaffiorano nelle scienze alchemiche ed astrologiche che nel corso del XV e del XVI secolo, grazie anche all'apporto del Neoplatonismo vengono sviluppate insieme al sapere Ermetico.
I Maestri Comacini aderiscono alle confraternite muratorie che lungo l'asse renano si erano consolidate durante il periodo gotico.
I simboli scolpiti nella pietra si trasformano in codici e linguaggi cifrati, comprensibili solamente a una serie di iniziati, anche il maestro Jost Dotzinger di Worms, uno dei principali architetti della cattedrale di Strasburgo ne parla in un suo scritto.
Forse sono gli stessi codici e linguaggi segreti che si possono trovare nel duomo di Como, edificato in stile tardo gotico e rinascimentale, e nelle tarsie alchemiche del Lotto presenti nel Duomo di Bergamo.
A testimonianza del fatto che lo spirito di ricerca della verità, della luce e del percorso da compiere verso di essa, é intrinsecamente presente nell'uomo, e che l'arte e gli artisti, non sono altro che i mezzi per la creazione in terra di quel mondo soprasensibile ed ineffabile che soprassiede al mondo visibile: il mondo delle idee del quale le immagini sono il tramite più diretto.
copyright Francesco Cinquetti e LaRoseNoire 2014
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